La ricerca in campo tecnologico procede veloce, tanto che in breve tempo potremmo essere meravigliati da scoperte incredibili

Viviamo in un’epoca contrassegnata da un progresso tecnologico continuo che, da un giorno all’altro, propone delle soluzioni considerate quasi impossibili fino a pochi anni fa. L’umanità affronta dunque un periodo di grandi novità e anche di grandi incertezze, perché al digitale si legano temi sensibili come la privacy e la sicurezza informatica. Un discorso che si applica spesso anche ai device mobile come gli smartphone, e ai metodi utilizzati per proteggerli. Ebbene, in un futuro non molto lontano potremmo essere in grado di sbloccare lo smartphone col nostro respiro, dando il definitivo addio alle impronte digitali. Fantascienza? No, si chiama progresso tecnologico.

Sbloccare lo smartphone col respiro: la ricerca

La ricerca condotta dall’Indian Institute of Technology Madras apre una nuova frontiera, ovvero la possibilità di poter sbloccare lo smartphone grazie al respiro umano. Un sistema che, come accennato, andrebbe a sostituire l’attuale modalità di sblocco con le impronte digitali. Il metodo in questione, stando ai ricercatori indiani, si baserebbe su un assunto ben preciso: l’unicità del respiro di ogni individuo, dovuto all’inimitabile morfologia delle vie respiratorie di una persona. Le tecnologie moderne, inoltre, consentirebbero l’individuazione di queste caratteristiche con una precisione notevole, per merito degli algoritmi di intelligenza artificiale.

Lo studio in questione, come spesso accade, ha avuto inizio con un obiettivo molto diverso: identificare eventuali difficoltà respiratorie attraverso l’analisi del respiro. Nel corso della ricerca, sono stati effettuati vari test con 94 soggetti, utilizzando un sensore di pressione dell’aria per raccogliere i dati necessari. Questi dati sono stati poi analizzati da un sistema di intelligenza artificiale (IA), progettato per elaborare e riconoscere i singoli pattern.

Oltre alle potenzialità nel campo della sicurezza, l’applicazione di questa tecnologia può avere una certa rilevanza anche in ambito medico. La possibilità di utilizzare il respiro per determinare le dosi dei farmaci nelle terapie inalatorie, ad esempio, potrebbe permettere di personalizzare i trattamenti in base alle caratteristiche respiratorie individuali dei pazienti.

Il respiro come soluzione per la sicurezza informatica

Ciò che distingue ogni respiro è la struttura individuale delle vie respiratorie, che rende ogni esalazione diversa dalle altre. Come una sorta di firma biometrica univoca. L’intelligenza artificiale è stata in grado di identificare tali pattern con un’accuratezza del 97%, andando oltre ogni aspettativa. Un risultato che ha spinto i ricercatori a considerare questa tecnologia come una possibile integrazione negli smartphone di prossima generazione, per proteggerne i dati e per impedire l’accesso agli utenti non autorizzati.

Un aspetto interessante di questo metodo di sblocco è la sua sicurezza intrinseca: essendo basato sul respiro di una persona, diventerebbe inutilizzabile dopo il decesso dell’utente, aggiungendo un ulteriore livello di protezione praticamente impossibile da scavalcare. Ricordiamo, infatti, che grazie a dati biometrici come il riconoscimento facciale è possibile eseguire operazioni come i pagamenti con lo smartphone, il che richiede un elevatissimo livello di attenzione.

Naturalmente c’è un motivo per cui molti esperti stanno considerando questa soluzione. Si parla nello specifico della necessità di trovare opzioni più efficaci per la protezione dei device degli utenti. Le impronte digitali, infatti, possono essere falsificate, e i sistemi di riconoscimento facciali possono essere aggirati con poco sforzo. Anche se si utilizzano app avanzate come WaveUp. Quando arriveranno i computer quantistici, poi, decadranno anche le attuali soluzioni basate sulla crittografia.

Sebbene questa tecnologia richieda ulteriori sviluppi e test, il suo potenziale è evidente sia per la protezione dei dati personali sia per le applicazioni mediche. Non deve sorprendere. Infatti, i dati biometrici da anni sono al centro dello sviluppo dei sistemi di sicurezza, come avvenuto in passato con riconoscimento facciale o tramite le impronte digitali.

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